sabato 31 maggio 2008

RECENSIONE di Gian Paolo Grattarola (Mangialibri)

Cominciava davvero a farsi vergognosa la limitata reperibilità in Italia di studi critici e di approfondimenti biografici relativi a Nazim Hikmet, il più grande poeta turco del Novecento, uno dei più tradotti al mondo. La fortuna di questo significativo artista ed intellettuale, a lungo recluso nelle carceri turche, eternamente braccato dalle polizie di mezza Europa per la sua lotta contro le tirannie, dipende ancora quasi esclusivamente dalla raccolta di “Poesie d’amore” pubblicata da Mondadori nel 2002 (per la traduzione di Joyce Lussu) e da quella per ragazzi “Il nuvolo innamorato e altre fiabe”, uscita per lo stesso editore l’anno successivo. Troppo poco, nonostante il continuo riscontro di pubblico per i suoi versi d’amore, data la statura del poeta e la grande testimonianza umana e civile di cui è stato a lungo portatore.
Giacomo D’Angelo, pubblicista e collaboratore di diverse testate giornalistiche, colma ora in parte tale vuoto, dando alle stampe un breve saggio dedicato non solo a Nazim Hikmet, ma anche alla sua biografa Joyce Lussu e a Velso Mucci, poeta, giornalista, scrittore e critico d’arte che negli anni Cinquanta tradusse alcune delle sue poesie.
Il libro da un lato denuncia l’inspiegabile silenzio della critica letteraria e dall’altro, allargandone l’orizzonte biografico, cerca di salvare dall’oblio un poeta che ha incarnato i caratteri fondamentali della letteratura del secolo scorso e può essere ritenuto il fondatore del realismo turco. Nazim Hikmet occupa tuttora nel nostro paese una presenza quasi sotterranea, trascurata dalla cerchia dei cultori della materia e dai luoghi deputati della cultura ufficiale, indifferenti - a parte qualche rara eccezione - alla sua statura poetica. D’Angelo lamenta il mancato confronto in Italia con I testi segnati dalla forte passione civile e dall’ingualcibile candore della sua fede rivoluzionaria, essendo autore fervidamente apprezzato, per orientamento editoriale, solo da un pubblico di lettori abbacinato dalla linearità quasi discorsiva dei suoi versi d’amore. La struttura libera, la nudità estetica del suo linguaggio poetico lo hanno a lungo ingiustamente confinato in un ambito marginale, periferico e minoritario.
A sottrarlo a quest’aura sfocata prova ora D’Angelo, consegnandoci il ritratto a tutto tondo non solo di un poeta autentico e compiuto, ma anche di un intellettuale militante che, invece di approfittare dell’agio della vita, preferisce sacrificarsi sull’altare dell’ideale. Un ragguardevole esempio di eroe romantico al servizio della poesia, un felice connubio di passione amorosa e di passione politica. Senza tesserne il martirologio, questo saggio ha il merito di rilanciare l’opera del poeta turco legandola al filo indissolubile della sua vita.
Al termine del libro, della parabola esistenziale di Nazim Hikmet, segnata dalla lunga detenzione nelle inospitali carceri turche, dall’esilio, dall’ostracismo dei suoi libri in patria, dalla nostalgia della sua terra e prematuramente stroncata da un infarto, restano avvinte nella nostra mente, con marchio indelebile, la generosità dell’uomo e lo stile del poeta.

Gian Paolo Grattarola

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