giovedì 25 novembre 2010

Morire altrimenti: Recensione di Ettore Brocca (Mangialibri.com)


Pensare la morte è davvero inevitabile? La cogitazione cartesiana orientava l’intera riflessione filosofica alla cosiddetta meditatio mortis. Buona parte della tradizione novecentesca ha tutto sommato ammodernato i propri strumenti speculativi, eppure poco è cambiato dalle tormentate meditazioni seicentesche. La filosofia dunque dovrebbe assumersi ancora una volta, a differenza delle scienze, l’oneroso impegno di ricostruire e analizzare l’estremo limite dell’esistente. La certezza è chiara: non possiamo non morire. La possibilità è pertanto negata e a fortiori è necessario morire. La necessità e l’inevitabilità della morte sussumono la chiave di lettura per tracciare una mappa delle grandi domande dell’Esistenza, domande che nella visione foucaltiana non sono altro che un enorme compendio alla forma dialogica della tradizione classica, per non dire platonica. Ricorrono perciò le parole di un regista, filosofo minore, Wim Wenders, il quale ne Il cielo sopra Berlino riassume la domanda del non essere più o dell’essere stato (p. 52): «Come può essere che io, che sono io, non c’ero prima di diventare, e che una volta io, che sono io, non sarò quello che sono?». E come dimenticare l’apporto che la de-finizione, perciò mai raggiunta, di nulla ha permesso di com-prendere e riflettere la condizione di ciò che non è più? Il ruolo di leva del suicidio è qui chiarissimo, intraprendere il superamento del limite per guardare aldilà di ciò che per definizione non può essere guardato. Naturalizzare il suicidio, nella sua estrema sintesi, è un osservare il tentativo di superare il limite della morte per giungere a una verità necessaria: quella di non essere più...
Il saggio di Corrado è decisamente audace in quanto tenta di conciliare il gioco della filosofia con l’adulta - e perciò non più giocosa - riflessione sulla morte. In questo senso, la filosofia che mette in campo non intende giustificare lo status quo, fatto proprio da presunte filosofie positive logicizzanti e dunque dogmaticamente negative, ma vuole affrontare seriamente il problema dell’estremo limite ponendo l’accento su quell’altrimenti del titolo: «Stante la validità della protensione differenziale dell’avverbio “altrimenti”, questa si estenderebbe idealmente fino a sospendere l’indefettibilità assoluta della morte, qui non a caso virata nell’infinito morire». Un punto di forza notevole dell’intera riflessione di Corrado è questa sensazione di incomprensibile che le riflessioni sulla morte portano con sé, presagio urtante per un interlocutore poco avvezzo all’idioletto filosofico. Per il lettore dovrà essere chiaro che la ragione può poco di fronte a quest’inevitabile così ben descritto. L’unica ragione, sostantivata e pertanto non positiva, sarà quella di fornire almeno un interrogativo a un problema radicale: saremo ancora noi, quando non saremo più?

Ettore Brocca

http://www.mangialibri.com/node/7354

lunedì 9 agosto 2010

LA FOLLIA IN SCENA: recensione di Rosa Aimoni

Il saggio di Gianluca Corrado “La follia in scena” descrive il rapporto tra la normalità e la follia esaminando l’opinione di vari e rinomati pensatori al riguardo, come ad esempio Foucault e Derrida.
L’esclusione del folle da parte della società avviene su due fronti: quando essa lo respinge perché egli non è in grado di capire le norme della maggioranza, e quando non permette al folle stesso di comprendere il linguaggio astratto e metaforico che si formalizza in arte. Arte che peraltro vorrebbe simulare la follia, ma che da essa profondamente si discosta; è proprio per questo il suo significato astratto è precluso al folle. E c’è una differenza di fondo tra l’arte e la follia, entrambe espressioni di qualcosa che differisce dai principi comunemente accettati: l’arte, pur discostandosi dalle norme sociali, viene presto inglobata in esse e subito collocata nel contesto della maggioranza. L’arte è manifestazione consentita di ciò che è difforme rispetto alla normalità, ma viene presto ricondotta in essa perché palesa un significato che si pone in antitesi rispetto alla norma condivisa, un’ antitesi che però presuppone necessariamente una base comune con essa, pur nella diversità. Alla “follia del folle” manca invece il significato, la ragione diversa ma basata pure sul sentire comune, che permette un confronto con la normalità.
Questo saggio di Gianluca Corrado evidenza le differenze, usando i termini della dialettica hegeliana, tra follia, l’arte e la normalità. Ma allora qual è la differenza tra arte e follia? L’estetica si spinge veramente oltre, fino a condividere con la follia la sua infondatezza rispetto alle norme sociali condivise? O forse è proprio simulando la follia, entro la convinzione che tutto possa essere relativizzato, che l’artista si discosta dalla follia stessa? E ancora, l’arte contemporanea è veramente in grado di mettere in discussione l’apparato di norme socialmente condiviso? Proprio su questi e altri interrogativi il saggio di Corrado si spinge con approfondite argomentazioni, senza omettere di porgere dubbi che stimolano inevitabilmente il lettore alla riflessone, regalando allo stesso un notevole arricchimento culturale sulla materia.

Rosa Aimoni

http://www.sololibri.net/La-follia-in-scena-di-Gianluca.html

venerdì 23 luglio 2010

La follia in scena: RECENSIONE di Rosa Aimoni

Il saggio di Gianluca Corrado “La follia in scena” descrive il rapporto tra la normalità e la follia esaminando l’opinione di vari e rinomati pensatori al riguardo, come ad esempio Foucault e Derrida.



L’esclusione del folle da parte della società avviene su due fronti: quando essa lo respinge perché egli non è in grado di capire le norme della maggioranza, e quando non permette al folle stesso di comprendere il linguaggio astratto e metaforico che si formalizza in arte. Arte che peraltro vorrebbe simulare la follia, ma che da essa profondamente si discosta; è proprio per questo il suo significato astratto è precluso al folle. E c’è una differenza di fondo tra l’arte e la follia, entrambe espressioni di qualcosa che differisce dai principi comunemente accettati: l’arte, pur discostandosi dalle norme sociali, viene presto inglobata in esse e subito collocata nel contesto della maggioranza. L’arte è manifestazione consentita di ciò che è difforme rispetto alla normalità, ma viene presto ricondotta in essa perché palesa un significato che si pone in antitesi rispetto alla norma condivisa, un’ antitesi che però presuppone necessariamente una base comune con essa, pur nella diversità. Alla “follia del folle” manca invece il significato, la ragione diversa ma basata pure sul sentire comune, che permette un confronto con la normalità.



Questo saggio di Gianluca Corrado evidenza le differenze, usando i termini della dialettica hegeliana, tra follia, l’arte e la normalità. Ma allora qual è la differenza tra arte e follia? L’estetica si spinge veramente oltre, fino a condividere con la follia la sua infondatezza rispetto alle norme sociali condivise? O forse è proprio simulando la follia, entro la convinzione che tutto possa essere relativizzato, che l’artista si discosta dalla follia stessa? E ancora, l’arte contemporanea è veramente in grado di mettere in discussione l’apparato di norme socialmente condiviso? Proprio su questi e altri interrogativi il saggio di Corrado si spinge con approfondite argomentazioni, senza omettere di porgere dubbi che stimolano inevitabilmente il lettore alla riflessone, regalando allo stesso un notevole arricchimento culturale sulla materia.



Rosa Aimoni



http://www.sololibri.net/La-follia-in-scena-di-Gianluca.html







giovedì 27 maggio 2010

Anteprima: MORIRE ALTRIMENTI di Gianluca Corrado

Gianluca Corrado
Morire altrimenti
Riflessioni filosofiche


Ammesso e non concesso che ciascuno di noi debba morire – generalizzazione “induttiva” che secondo rigore logico è provocatoriamente relativizzabile –, in ogni caso si può cercare di morire in maniera differente: al di qua delle prospettive d’immortalità dell’anima e di resurrezione (o reincarnazione) dogmatizzate dalle religioni, e al di là della certezza del nulla postumo manifestata da un diffuso razionalismo.
Per tentare di “morire altrimenti” bisogna accogliere la morte come intrinsecamente inaccertabile e inesauribile, dato che si situa oltre il confine delle facoltà di verifica naturale. Ma a questa sospensione di giudizio la cultura odierna anche laica si mostra sempre più refrattaria, riducendo l’essere all’esistere, fondando tutto sulla tecnica dell’uomo artefice e controllore, quindi tendendo a rimuovere quell’evento di annientamento assoluto che su tali premesse la morte rappresenta.
Intessuta in particolare delle riflessioni di Heidegger, Sartre, Jankélévitch, Foucault e soffermandosi pure sul suicidio, la configurazione che si profila in questo libro accetta l’ignoto della morte. Ecco perché né si rassegna all’idea che dopo sia necessariamente il nulla, né si adagia sull’idea di un sicuro aldilà ancora a immagine e somiglianza dell’uomo naturale.


Gianluca Corrado è nato a Viareggio nel 1968. Laureato in filosofia, lavora nell’editoria e si occupa di pensiero psicotico presso Servizi Ascot di Firenze. Collabora con “Estetica”, “Iride”, “Il Ponte”, “La questione Romantica”, “Cultura tedesca” e altre riviste. Con Solfanelli ha pubblicato La follia in scena (2008); Il folle e la società. Il dibattito tra Foucault e Chomsky (2009).

martedì 12 gennaio 2010

Novità: LA VITA È RICORDARSI

«La vita… è ricordarsi di un risveglio» è il celebre incipit della raccolta poetica del 1939 con il quale viene spesso identificata la poesia epigrammatica di Sandro Penna. Questo studio a tre è un esercizio di esegesi del suo nume poetico. Se l’espressione lirica implica soggettivazione, la sua interpretazione tende invece ad un certo grado di oggettivazione. Prima viene la creazione, poi l’ascolto e la lettura.
Il poeta è colui che interloquisce col nulla e lo trascrive; l’esegeta, più concretamente, dialoga con la materia poetica servitagli dall’artista. Valéry ha spesso ribadito che i versi hanno il senso che dà loro il lettore. Non è difficile, però, scadere nella mistificazione quando il testo diventa pretesto.
Gli autori, interpreti attenti e rispettosi, non sono incappati in questa trappola; possiedono sensibilità da non trasformare i versi in questione nel feticcio di una gratuita ermeneutica e la “pratica” filosofica operata sul componimento dà una coloritura inedita al libro.
La dovizia dei rimandi bibliografici fa inoltre di questo lavoro testuale un valido apporto alla critica su Penna, il quale, incurante delle mode e pur avendo conosciuto feconde stagioni di rilettura, rimane in fondo, dal pubblico, più amato che studiato. Queste pagine, corredate di due scritti del poeta perugino, intendono contribuire, nel loro piccolo, a tale riparazione.


Andrea Barbetti - Giuseppe Grasso - Silvia Peronaci
LA VITA È RICORDARSI
Note su una poesia di Sandro Penna

Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-89756-83-6]
Pagg. 72 - € 7,00